Tra Mare Grande e Mare Piccolo, Taranto perpetua la sua vocazione marinara, anche se nelle acque dell’antica laguna, tagliata in due dalla penisola della Penna, non più tutta la flotta militare d’un tempo e il suo arsenale sta condividendo la sfavorevole congiuntura di quasi tutti i cantieri italiani.
Ma in compenso, oltre la ridottissima cerchia della città vecchia, fatta isola dal canale artificiale sormontato dall’ormai celebre ponte girevole, una città nuova è in progressivo sviluppo, e anzi è ormai la Taranto più rappresentativa della realtà contemporanea, con la città medievale a fare da trait d’union all’appendice industriale.
Il millenario Duomo di S. Cataldo, restituito alle primitive forme romaniche, l’alta duplice scala barocca e il grandioso portale ogivale di S. Domenico, l’imponente Castello Aragonese affacciato al Canale per antonomasia sono ancora i simboli della Taranto oleografica: ma le viuzze della città vecchia sono ormai un’isola nell’isola di un comprensorio urbanistico, commerciale e industriale che, senza ripudiare il passato, guarda realisticamente all’avvenire.
Nella Città dei due mari, dalle mitiche ascendenze spartane, il vecchio e il nuovo si sono sposati, continuando peraltro a vivere in camere separate. E forse per questo il matrimonio del retaggio medievale con la realtà odierna è qui più felice che nelle coabitazioni forzose di tante altre città storiche, stravolte nel tessuto architettonico da una politica di compromessi che alla lunga fatalmente si risolve a danno dell ’antico.
Del resto il fenomeno di mimesi fra l’ieri e l’oggi si ripete più o meno in tutto il Tarantino, imprimendo sembianze ringiovanite ad un volto secolare; in ispecie ad oriente dell’antica Polis, su saliscendi appena ondulati delle Murge Tarantine sul versante salentino del Golfo. Continua ovviamente ad essere squisitamente carsico il panorama dell’ appendice meridionale delle Murge: ma l’altopiano aspro, dove soltanto macchie di rovi rompono di verde il biancore della sassaia non guarda più alle desolate paludi di un tempo. Imponenti lavori di bonifica hanno riscattato in gran parte 1’ agro dell’Arneo e dove era il regno della malaria si stendono vigneti e oliveti, si rincorrono masserie, mentre sulla costa si sono moltiplicati gli stabilimenti balneari e sta prendendo sempre più vaste proporzioni un’attrezzatura ricettiva che ormai richiama, ogni estate, decine di migliaia di villeggianti, anche dall’estero.
Lido Bruno, Lido Gandoli, conchiuso fra due punte rocciose, Lido di Leporano, Lido Silvana, con alle spalle una vasta pineta, sono ormai spiagge di assicurato avvenire e semmai c’è il pericolo di un insediamento cementizio fin troppo prevaricante. Il recente boom turistico sta avendo riflessi anche sui paesi dell’ immediato retroterra.