Le lane tarantine erano molto rinomate nell’antichità come raccontano Marziale, Strabone, Plinio e Virgilio ed era quella lana talmente pregiata che le pecore venivano ricoperte con un manto di cuoio, nutrite con particolare attenzione e fatte accoppiare con agnelli africani. Prima di essere tosate, le pecore venivano lavate nelle acque del Galeso con le radici di una erba detta lanaria, la Gysaphila struthium, molto ricca di saponina. Da queste lane si ottenevano stoffe soffici e leggere, come la tarantinìdion, usata per le vesti delle donne più ricche e delle danzatrici.
La lavorazione della lana era un compito affidato alle donne. Leonida da Taranto, poeta vissuto tra il III e il IV secolo a.C., ha immortalato nei suoi versi una tessitrice di nome Plottide
Il verspertino sapore
e i cari sogni dell'alba
per cacciare la miseria
Plottide spesso cantò
a dalla rocca e dal fuso
la canzoncina compagna
a vecchiaia canuta
già intonò...
E così Plottide bella
che bellamente tesseva
ottantenne sull'onda
dell'archeronte varcò.
Leonida tradotto da E.Bignone